Indeciso fino all’ultimo. Lo sono stato davvero fino all’ultimo secondo prima di scrivere questo pezzo e, sinceramente, vista l’attesa per l’uscita di quest’album, non credevo di non sapere davvero cosa dire. Ed in bene o in male, ancora devo capirlo e, probabilmente, non ne caverò comunque qualcosa di netto nemmeno fino alla stesura di questo racconto. Ho già parlato di “II”, l’album del progetto Moderat, composto da Modeselektor e Apparat. Ne ho tessuto le lodi. Disco del 2013, “II”, stravolse tutti. Disco splendido ma qualora voleste saperne di più, ho scritto qualche parola in più in merito alla sua creazione in un articolo di qualche tempo fa. La musica dei Moderat è di quel tipo che riesce ad innestare romanticismo ed oniricità urbana, con le strette, serrate ed incalzanti ritmiche del raziocinio quotidiano. Fu questo che mi colpiì, in sintesi, di “II” ed è questo che colpisce del loro ultimo album, oggetto di discussione di questo pezzo, dal titolo “III”. La continuità tra i loro tre album si nota dalla titolazione ma se “II” fu una bellissima evoluzione dell’altrettanto inaspettato e travolgente “I”, non si può dire lo stesso di “III”.
Poco fa ho usato, per “II”, la parola “splendido”. Per “III” devo usare la parola “bello”
Ma nulla più. Ci sono voluti un bel po’ di ascolti per assimilarlo, per fami un’idea chiara e, come ho anticipato all’inizio, sinceramente ancora devo averla. L’utilizzo della parola “bello” per raccontarlo, già di per sé comunica a me stesso tante cose. Io in un disco, solitamente, voglio ascoltarci dell’altro e non cerco mai di limitarmi a giudizi netti. Un album può pure essere “bello”, per carità, ma se dentro di esso non ci scovo qualcosa che mi destabilizza, la cosa mi fa, personalmente, storcere il naso. Ma, attenzione, è un problema mio e capisco che questo può sembrare l’atteggiamento di colui che cerca di mettere le mani avanti per non restare indietro. In effetti lo è proprio perché l’album merita se il vostro scopo nell’ascoltare musica è quello di fermarsi solo alla traccia che scorre, in modo, non dico disattento, ma pragmatico.
Ecco, per me, l’ascolto di un album non è mai una cosa pragmatica. Devono essere allineati tutti i pianeti di almeno venti galassie diverse e, probabilmente, non è detto ancora che sia la condizione giusta per ascoltarlo. Cerco di scardinare sempre ciò che ascolto. Arrivare, benché sia cosa difficile, ad una certa empatia che mi avvicini a chi, quel disco, l’ha realizzato.
Prosegue a pagina 2 —>
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