Irlanda: paesaggi suggestivi, distese di verde e coste frastagliate; luoghi che rievocano epoche passate, il cui eco continua ad aleggiare su terreni non contaminati. Oggi andiamo proprio lì, in Irlanda, terra di U2 e Cranberries, The Dubliners e Skid Row, ma anche The Corrs e Kodaline. Ecco, la band di cui vi voglio parlare oggi non c’entra con nessuno di questi gruppi, anzi prova a distaccarsi un po’ dalla tradizione rock irlandese per abbracciare un genere ormai diventato mainstream: l’indie.
E se ancora non vi siete stancati dell’indie, date pure una chance ai Walking On Cars.
Il debutto dei cinque ragazzi irlandesi si intitola “Everything this way” ed è una collezione di dodici brani, non troppo differenti fra di loro, somiglianti più alle sonorità di Coldplay e Snow Patrol. Il loro singolo di lancio “Catch me if you can”, senza neanche farlo apposta, ha scalato le classifica di iTunes in patria e rappresenta un ottimo apripista: il piano di fondo e il fare da palazzetto sintetizzano, infatti, fin da subito lo stile del gruppo. Tra alti e bassi si comincia a entrare nel cuore del disco: debole è “Two Stones”, nulla di emozionante o memorabile; in “Don’t mind me”, invece, colpiscono il ritornello “pieno” e l’armonia tra gli strumenti. La chitarra si conquista il ruolo di protagonista in “Ship goes down”, canzone che rappresenta uno dei momenti migliori di “Everything this way” in coppia con quello che è il singolo da tenere maggiormente in considerazione: “Speeding Cars”, pubblicato lo scorso ottobre. Gli ingredienti musicali di “Speeding Cars” sono ben amalgamati fra loro, dosati in giuste parti e lo proclamano “il pezzo che non può non entrarti in testa”: liriche semplici ma evocative, un coro avvolgente e una base di pianoforte che insegue perfettamente le parole.
Con la successiva “Love back down” arriviamo, però, alla dura verità
La formula delle canzoni dei Walking On Cars è sempre la stessa e solo in piccola parte propone qualcosa di inaspettato. “Always be with you” prova a cambiare un po’ gli schemi con un cantato più deciso e un mood più drammatico, ricatturando l’orecchio adagiato sulla mancanza di novità. Anche “Hand in hand” rinvigorisce l’interesse grazie alla chitarra inusuale e più alternative; il cantato, invece, ricorda un po’ gli Imagine Dragons. I primi secondi di “Tick Tock” hanno in serbo un tranello perché mostrano un carattere più duro del brano che, invece, finisce per sembrare quasi una ninna – nanna.
I suoni delle ultime due a chiudere la tracklist sono sicuramente lontani dal ricordare qualcosa dell’Irlanda, ma spediscono l’ascoltatore direttamente verso atmosfere ambient e da Sud del mondo. “Flying high falling low” e “As we fly south” chiudono il cerchio e sono leggermente discontinue rispetto al resto del disco; caratteristica principale di entrambi i brani sono l’evidente bravura vocale di Patrick Sheehy e la capacità degli altri membri di armonizzare il tutto, creando atmosfera da vendere.E’ un peccato. E’ davvero un peccato che giunti alla fine di “Everything This Way” si abbia la sensazione di aver ascoltato un bel disco, fatto bene, con i giusti elementi di produzione che, però, non lascia il segno. E’ come se i Walking On Cars fossero ad un passo dal creare qualcosa di veramente degno di nota, ma alla fine abbiano mancato qualcosa. Forse avrebbero dovuto rischiare un po’ e andare oltre il recinto delle sicurezze. O forse ancora non sono maturi per farlo.
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